Il 15 settembre, l’ISPI ha riunito attorno ad una tavola rotonda, policy makers per una riflessione sulle sfide a cui i governi africani sono chiamati a rispondere in una prospettiva post pandemica.
Chiamati al confronto, alti funzionari e rappresentanti dall’Africa e dall’Europa: Federico Bonaglia – Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), Karim El Aynaoui – Policy Center for the New South, Marocco, Giuseppe Mistretta – Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e Presidenza Italiana G20, Rosa Ngugi – Kenya Institute for Publick Policy Research and Analysis ed Elizabeth Sidiropoulos – South African Institute of In International Affairs, su moderazione di Giovanni Carbone – Ispi.
Fin dalle prime battute dell’evento, i relatori sono stati chiamati ad analizzare l’impatto della pandemia sulle economie locali e la capacità di ripresa, la robustezza finanziaria, l’accesso ai vaccini e le dinamiche regionali. Mentre i tre paesi africani evidenziano simili battute d’arresto dell’economia nei primi mesi della pandemia, la capacità di reazione e le esigenze espresse dalle popolazioni sono estremamente differenti: per quanto riguarda il Marocco, El Aynaoui sottolinea come il ritorno alla vita reale, con 20 milioni di abitanti vaccinati su 35 vaccinabili collochi il paese in un punto migliore rispetto ai tre mesi di chiusura a inizio 2020, con una contrazione economica del 3% al mese per un totale del 9%. In tutt’altra situazione si trova invece il Kenya, un paese che conta oltre il 4% dei casi registrati nel Continente, con una campagna vaccinale iniziata a marzo che ha raggiunto meno del 5% della popolazione. In questo contesto, Ngugi riferisce come la pandemia abbia inasprito le situazioni di vulnerabilità preesistenti (quali invasione delle locuste e la siccità che già mettevano a dura prova il settore agricolo), cancellando quasi completamente l’effetto di cinque anni di politiche di contrasto alla povertà. Inoltre, il settore turistico ha registrato una perdita del 71% rispetto all’anno precedente, e i soli locali non sono in grado di salvare il settore; il tasso di occupazione è sceso del 4.2%, di cui 74% nell’economia informale (dato più preoccupante perché è proprio qui che l’83% della popolazione trova lavoro). Secondo quanto riportato da Sidiropoulos, anche l’economia del Sudafrica è chiamata a rispondere a simili sfide: il covid, l’aggressività della variante sudafricana e l’arresto dell’ex presidente, hanno peggiorato le prospettive di crescita economica di un paese già fortemente rallentatoda dieci anni di cattivo governo e mal gestione dei fondi, generando una contrazione del 7% nel 2020; il tasso di disoccupazione ha toccato i livelli più bassi mai registrati (35%) e interessa 7.8 milioni di persone, a cui vanno aggiunte le persone scoraggiata per un totale del 42-44%. Anche se le prospettive di quest’anno sembrerebbero positive, con una crescita verso il 5% nel secondo quadrimestre, le politiche di sviluppo si scontrano con problemi di implementazione per costi politici che porterebbero con sé.
RAPPORTI AFRICA – EUROPA
Spostando la conversazione dal piano delle singole performance nazionali al piano regionale e intercontinentale, le relazioni tra il continente africano e quello europeo appaiono incrinate e critiche, specialmente per il carattere politico del malcontento generale sui vaccini promessi e mai ricevuti dai paesi dell’Unione. Inoltre, secondo quanto riporta Mistretta, l’impossibilità di incontrarsi nei mesi della pandemia ha ulteriormente aggravato le incomprensioni e inciso negativamente sulle questioni prima affrontate nei tavoli di discussione Europa – Africa e nei tavoli interministeriali italiani.
Per questo aver invitato i paesi del Mediterraneo, il Niger, il Rwanda e il Sudafrica a Matera per la Presidenza Italiana del G20 è stato fondamentale: l’urgenza di affrontare insieme le sfide generate dalla pandemia è emersa come una priorità nelle relazioni tra i due continenti, non soltanto dal punto di vista della risposta sanitaria ma anche da quello finanziario. Dello stesso avviso anche il rappresentante dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico – OCSE, Bonaglia, il quale ha voluto inoltre porre l’accentosull’importanza di maggiore coordinamento nelle reti di partenariato e nella presenza globale, focalizzandosi sulle effettive priorità del continente.
QUALI PRIORITÀ PER IL CONTINENTE?
Di fronte a questa domanda, i paesi partecipanti sembrano avere le idee molto chiare: la creazione di posti di lavoro e la predisposizione di meccanismi per attrarre investimenti sia pubblici che soprattutto privati. Per Bonaglia la priorità non può essere la trasformazione digitale: anche se auspicabile, la digitalizzazione non è fondamentale per la creazione di posti di lavoro (nonostante il grande dinamismo nei vari paesi il settore al momento impiega soltanto 300 mila persone) e porta con sé a sua volta l’esigenza di infrastrutture adeguate alla banda larga.
MAROCCO
A quest’analisi El Aynaoui aggiunge che occorre sempre considerare le diverse situazioni in Africa. Il Marocco, ad esempio, di fronte al difficile rapporto con la Libia e l’Algeria, preferisce guardare al resto del Continente e all’Europa. La pressione interna è per intervenite sulle politiche monetarie e fiscali; al governo è richiesto di fornire risposte alle domande di sicurezza sociale e di “safety nets” estese a tutta la popolazione. Altra tematica al centro dell’agenda pubblica è la transizione climatica e le politiche green, soprattutto una riflessione su quanto il cambiamento climatico inciderà sulle vite delle fasce giovani della popolazione.
KENYA
A differenza del Marocco, le relazioni commerciali del Kenya guardano molto ai paesi confinanti dell’Africa orientale, in particolare Uganda e Tanzania. Il Kenya sta lavorando al rafforzamento del settore manifatturiero in modo da mantenere lo share nella regione entro il 2025, data in cui si vorrebbe raggiungere un’unione monetaria nella regione. In questo periodo il paese è attraversato da richieste di intervento sul sistema fiscale: la produttività nel paese non è tornata ai livelli pre-pandemici e senza adeguate infrastrutture per la trasformazione digitale, le imprese private che non sono riuscite ad aprire delle e-commerce sono in forti difficoltà. Altri settori chiave per le politiche pubbliche sono l’agroalimentare / food security, la creazione di lavoro e le politiche abitative.
SUDAFRICA
Oltre a quanto già segnalato dagli altri paesi, l’agenda politica sudafricana è chiamata a rispondere anche alla richiesta di trasformare il settore delle energie rinnovabili, specialmente per il crescente numero di imprese private che richiedono le autorizzazioni per poter produrre autonomamente l’energia di cui hanno bisogno.
Di fronte ad uno scenario ancora in forte evoluzione, con la pandemia che fatica a rallentare e le campagne vaccinali in forte ritardo, sia i governi locali che i partner internazionali sono chiamati a elaborare strategie per arginare gli effetti sociali della pandemia. Non soltanto occorre armonizzare ulteriormente la prassi sanitaria di contenimento del virus e regolamentare lo spostamento tra paesi ma emergono con forza in tutto il continente richieste di intervento sul sistema monetario e fiscale, per fornire un effettivo supporto alle imprese e reti di sicurezza per le fasce vulnerabili della popolazione.