LA BIRRA È POLITICA. RECENSIONE DEL TESTO “HEINEKEN IN AFRICA: LA MINIERA D’ORO DI UNA MULTINAZIONALE EUROPEA”

Nella linea editoriale di prospettive di Fondazione Aurora che dà voce alle ricerche
e le recensioni di giovani studenti e all’interno del filone “Africas from within”, 
Comfort Dago commenta – in occasione della traduzione in Italiano – il libro inchiesta 
“Heineken in Africa: La miniera d’oro di una multinazionale europea” del giornalista
Olivier Van Beeman (ADD Editore, 2020) che ha suscitato dibatto e polemiche per i temi trattati.

I giornalisti investigativi in Africa hanno una pregevole tradizione, se pensiamo al celeberrimo Anas Aremeyaw Anas, ghanese, che sotto copertura indaga su misfatti legati a corruzione, truffe e violazioni dei diritti umani o a Raphael Marques, Henry Nxumalo e altri. E poi ci sono gli operatori della carta stampata non africani che trattano di Africa come Anya Schriffin, David van Reybrouck.

Parliamo di Heineken.

È significativo che sia un giornalista freelance olandese, Olivier van Beemen, ad occuparsi di questa vicenda perché questo denota la ricerca di dialogo con i vertici aziendali che poterono avere l’occasione per parlare della loro condotta attraverso canali diversi da quelli di loro proprietà.

Per sei anni il giornalista lavorò alla stesura di “Heineken in Africa” edito solo nei Paesi Bassi nel 2015.

La ristampa avvenuta a partire dal 2018 anche in altri paesi tra cui l’Italia (nel 2020), creò un caso attorno al quale crebbero polemiche, interrogazioni al Parlamento europeo e olandese.

Il risultato fu che la multinazionale, da sempre silente, si rese disponibile a dibattiti, confronti pubblici e privati.

In Olanda Heineken è orgoglio nazionale; riconosciuta tra le leader del proprio mercato, l’azienda ha saputo contraddistinguersi, tra le altre cose, come marchio etico.

Gran parte della fama deriva dalle strategie dell’ufficio marketing che ha contribuito a supportare gli azzardi della multinazionale, dalle strategie attuate nei mercati oltreoceano considerati “difficili” e dalla determinazione nel vedere il potenziale nel continente africano, al di là delle sue difficoltà endemiche. Anche se dal punto di vista del marketing la multinazionale si è data molto da fare per promuovere un’immagine positiva dell’azienda, in più occasioni ha anche sostenuto di non essere caritatevole come la Croce Rossa.

Il punto di forza del libro è quello di toccare varie tematiche; le beer promoter girls in Nigeria, la diversa conversione cerealicola nei campi della Sierra Leone, il guerrilla marketing aggressivo per le strade di Kinshasa. Van Beemen a differenza di altri articolisti e ricercatori che trattano del medesimo argomento, raccoglie le notizie in loco intraprendendo viaggi in tutti i paesi africani nei quali sono presenti i birrifici di cui l’azienda possiede almeno le quote al 50% (oltre le altre marche satellite quali Primus, Bralima, Amstel e Bracongo): Algeria, Tunisia, Sierra Leone, Nigeria, Etiopia, Congo-Brazzaville, Congo, Ruanda, Burundi, Sudafrica e Mozambico.

Ogni capitolo potrebbe essere sviluppato in un libro a sé stante.

Con la sua inchiesta Van Beeman ipotizza una correlazione tra birra e guerre africane, come la birra venga utilizzata in tempo di pace per addormentare il popolo e si trasformi in duplice arma in tempo di conflitto armato. Secondo l’autore, in Ruanda (e non solo) durante l’esecrabile genocidio del 1994, si potevano osservare per le strade scintillanti camion delle consegne.  Con le imboscate a questi veicoli, i ribelli estorcevano ai conducenti denaro, bottiglie ed altro ancora.

Le fabbriche di birra erano in piena attività, nonostante mancassero acqua, luce e sicurezza alla popolazione.

In una delle mattanze più cruente della storia è di molti l’idea, a detta dell’autore, che se Heineken non fosse stata presente, il cessate il fuoco si sarebbe verificato anzitempo. Il liquido color paglierino avrebbe contribuito a rendere soldati e ribelli più violenti nel perpetrare le atrocità, ma, al contempo, avrebbe funto da “termoprotettore” per non far insorgere gli animi già abbastanza alticci degli subordinati contro i rispettivi capi in entrambe le fazioni.

Il problema vero si sarebbe verificato se fosse finita la birra.

Evidentemente valeva la pena di insistere su questo territorio definito una volta <<i bassifondi del nostro business>> da Van Boxmeer, CEO di Heineken International.

Il contributo fondamentale di van Beemen è quello di rilevare le conseguenze dell’operato di una multinazionale alla quale si è lasciato ampio spazio di manovra in nazioni in cui le regole per la protezione dei cittadini vulnerabili sono quasi nulle e la possibilità di fare presa su qualunque target group, come ad esempio i giovanissimi, è illimitato.

In tutto il mondo la funzione di questi watchdogs è essenziale perché spronano le istituzioni competenti in materia ad avviare delle indagini che spesso contribuiscono a far luce e, soprattutto, giustizia in molteplici situazioni.

Comfort I. Emmanuel Dago

Studentessa di Lingue e Letterature Occidentali all’Università Ca’ Foscari, Venezia. Creatrice del blog Noisyink.