30 milioni da collocare nel mercato del lavoro: la forza di un continente giovane
La popolazione africana è la più giovane al mondo – ed è in continua crescita. Il potenziale di crescita e innovazione per il continente è enorme: i giovani in Africa sono aperti al mondo, alle sfide e hanno una notevole propensione alla tecnologia, all’innovazione e al rischio, soprattutto d’impresa; sono il risultato della propria storia, oppositori degli stereotipi coloniali e alla ricerca di un forte senso di riscatto per sé e le proprie comunità. In presenza di ecosistemi in grado di valorizzarli e supportarli, i giovani potranno rappresentare un fondamentale driver di trasformazioni socio-economiche in Africa.
Alcuni dati
L’Africa è il continente più giovane al mondo: nel 2020 si registrava un’età media di 19,7 anni (contro 31,0 in America Latina e Caraibi, 32,0 in Asia, 33,4 in Oceania, 38,6 in Nord America e 42,5 in Europa); nello stesso anno, la popolazione africana sotto i 35 anni rappresentava quasi un miliardo di persone (540,8 milioni di persone da 0 a 14 anni e 454,5 milioni di persone da 15 a 34 anni)[1].
Tutti i primi 10 paesi più giovani del mondo per età media si trovano in Africa: il primato spetta al Niger, con un’età media di 15 anni[2].
Nei prossimi decenni, la crescita demografica mondiale sarà trainata soprattutto dall’Africa, che secondo le previsioni vedrà il più grande aumento relativo della sua popolazione nei prossimi 15 anni: la proiezione mediana è di 1,68 miliardi di persone entro il 2030[3], con un incremento del numero di giovani del 42% (rispetto al dato del 2015) [4].
Sfida o opportunità?
Un simile quadro demografico fa emergere una domanda: i giovani sono una sfida o un’opportunità per lo sviluppo socioeconomico dell’Africa?
Il calo della mortalità, l’alta fertilità – in lento declino – e la struttura per età marcatamente giovane sono alla base della rapida crescita della popolazione africana. Quando una popolazione sperimenta un progressivo declino nei tassi di fertilità, la percentuale di bambini diminuisce, mentre la popolazione in età lavorativa aumenta: gli analisti hanno messo in luce le opportunità derivanti da questo “dividendo demografico“[5] – dove l’abbondanza relativa di persone in età lavorativa può condurre ad un aumento dei risparmi, ad una maggiore produttività e ad una più rapida crescita economica.
Non vi è unanimità tra gli studiosi circa ciò che questo dividendo demografico potrebbe significare per le nazioni africane; alcuni credono che, con una governance efficace, l’economia potrebbe trarre benefici significativi e svilupparsi, mentre altri sostengono che una popolazione giovanile numerosa e mal gestita possa portare a una maggiore instabilità e a conflitti civili[6].
La capacità dei Paesi di sfruttare il dividendo demografico dipende fortemente dai loro investimenti in capitale umano, in particolare tra i giovani pronti a entrare nel mondo del lavoro e la cui produttività, imprenditorialità e capacità di innovazione saranno cruciali per la crescita economica. Se gli investimenti sono insufficienti o il mercato del lavoro non è in grado di assorbire nuovi lavoratori, l’opportunità del dividendo demografico può essere sprecata[4].
Secondo le stime dell’Ibrahim Foundation, entro il 2030, circa 30 milioni di giovani faranno ingresso ogni anno nel mercato del lavoro africano. Nella sola Africa sub-sahariana sarebbero necessari 18 milioni di nuovi posti di lavoro formali per assorbire i nuovi ingressi nel mercato del lavoro; tuttavia, allo stato attuale ne vengono creati solo 3 milioni[7]. ll boom della giovane popolazione africana potrebbe dunque risultare in un dividendo demografico o in una bomba a orologeria demografica. Un brief dell’European Union Institute For Security Studies esplora entrambi questi scenari sulla base di fattori quali l’andamento della fertilità, dell’istruzione, della creazione dei posti di lavoro, della crescita economica e dei rischi climatici, che determineranno se il continente riuscirà – o meno – a sfruttare il dividendo demografico[7].
Gli imprenditori sociali in Africa
Molti giovani dimostrano il loro spirito agente[8] nel contribuire a creare sviluppo e stabilità nei propri Paesi di origine.
Tuttavia, i giovani africani affrontano diverse sfide, come il disallineamento (mismatch) tra offerta di istruzione e mercato del lavoro o l’elevata disoccupazione[1]; per molti, il settore informale è la norma piuttosto che l’eccezione. Nell’Africa subsahariana l’occupazione informale rappresenta l’89% dell’occupazione totale[9] e, di conseguenza, molti giovani non hanno accesso a reti di sicurezza sociale o a qualsiasi forma di tutela dei lavoratori.
Negli ultimi anni, l’impresa sociale si sta diffondendo sempre più come modello di business in molti paesi africani – anche nel tentativo di superare la diffusa crisi di disoccupazione – e c’è una crescente enfasi sul potenziale di giovani uomini e donne di diventare motore di innovazione e crescita economica[10]. Il digitale è un settore fondamentale: le nuove tecnologie stanno permettendo di creare approcci innovativi e dirompenti rispetto ai problemi sociali, di sviluppare metodi efficaci ed efficienti per il marketing e costruire fiducia su scala. Gli imprenditori sfruttano le nuove tecnologie digitali anche per accedere a opportunità di formazione e creare network superando i limiti geografici. Il potenziale del digitale in Africa è enorme: secondo un report dell’International Finance Corporation[11], l’economia digitale potrebbe contribuire all’economia del continente per circa 180 miliardi di dollari entro il 2025 (il 5,2% del PIL) e raggiungere i 712 miliardi nel 2050.
Nel nostro lavoro con Fondazione Aurora contribuiamo al consolidamento delle imprese africane con alto impatto sociale. I giovani con cui collaboriamo dimostrano una spiccata imprenditorialità e senso di iniziativa; sono soggetti attivi che apportano soluzioni concrete d’impatto sociale nei loro territori e che sanno rispondere in maniera pratica a sfide globali. Purtroppo, spesso si scontrano con un settore finanziario generalmente disinteressato a finanziare le imprese sociali, in particolare durante la fase di start-up, a causa di fattori quali la mancanza di indicatori di performance, di business plan limitati, o di business plan che possono sembrare troppo rischiosi[10].
Tuttavia, in presenza di ecosistemi di supporto, mentalità, competenze digitali e incoraggiamento all’impresa sociale, i giovani dimostrano di riuscire a produrre un impatto economico e sociale nelle loro comunità.
Alcuni esempi pratici:
Inviis (Burkina Faso): Arséne Hema, dopo una laurea al Politecnico di Milano, è tornato in Burkina Faso e ha fondato un’impresa di trasformazione digitale che lavora sulla de-materializzazione dei servizi pubblici e per le imprese, proponendo soluzioni innovative come pagare ticket dei trasporti online o prendere direttamente appuntamento per la tele medicina evitando lunghe code e camminate. Durante la pandemia queste attività sono state fondamentali per ridurre al minimo le interazioni umane e gli spostamenti e permettendo comunque di lavorare e essere curati.
Yobante Express (Senegal): fondata da Oumar Basse, quest’impresa si occupa di coprire la consegna dell’ultimo miglio, soprattutto in zone rurali, di merci e beni (anche spediti da parenti in diaspora fuori dall’Africa) dando lavoro a molti giovani che prima garantivano questi servizi in maniera informale.
Puits de Jacob (Burkina Faso), impresa di perforazione composta da cinque giovani burkinabé che hanno deciso di occuparsi di costruzione e manutenzione dei pozzi, combattendo la narrativa relativa alle donazioni per l’accesso all’acqua.
Dagoretti Film Centre (Kenya), è un’impresa audiovisuale nata da un progetto di accoglienza di bambini vulnerabili che hanno imparato l’arte della produzione cinematografica e l’hanno condita con il loro approccio partecipativo nelle riprese, dando vita a cortometraggi e film che raccontano la realtà “da dentro”, superando stereotipi e portando sullo schermo la verità.
Ethale Publishing (Mozambico): Alex MacBeth e Jessemussa Cacinda hanno fondato una casa editrice che pubblica libri di grandi autori africani tradotti in Inglese, Portoghese e Swahili, scaricabili da una APP pagando con il proprio credito telefonico.
Questi sono solo alcuni degli esempi che potremmo elencare per dimostrare che i giovani sono probabilmente la forza propulsiva del continente africano: i giovani africani creano soluzioni che restituiscono non solo all’Africa, ma anche a tutti noi.
[1] Ibrahim Foundation (2020), Africa’s youth: action needed now to support the continent’s greatest asset.
[2] Ausubel J. (2020), Populations skew older in some of the countries hit hard by COVID-19.
[3] UN (2015), Population 2030: Demographic challenges and opportunities for
sustainable development planning.
[4] UN (2015), Youth population trends and sustainable development.
[5] Il potenziale di crescita economica che può risultare da cambiamenti nella struttura dell’età di una popolazione, principalmente quando la quota di popolazione in età lavorativa – dai 15 ai 64 anni – è maggiore della quota di popolazione in età non da lavoro.
[6] Atta-Asamoah A. (2014), Head-to-head: Is Africa’s young population a risk or an asset?
[7] EUISS, Reaping Africa’s demographic dividend.
[8] Per agency (agente) in antropologia si riferisce alla capacità individuale di agire per contribuire ad un cambiamento sociale.
[9] Kariba F. (2020), The Burgeoning Africa Youth Population: Potential or Challenge?
[10] Dotrust (2019), Youth voices: Youth-Led Social Entrepreneurship in East Africa and the Middle East.
[11] IFC-Google (2020), e-Conomy Africa 2020
Chiara Bovi
Assistente di Progetto di Fondazione Aurora