LE CHIESE MONOLITICHE DI LALIBELA IN ETIOPIA
L’Etiopia, situata nella regione subsahariana del Corno d’Africa, è uno dei Paesi più abitati del continente, con una popolazione che supera i 100 milioni di abitanti. Ospita al suo interno una grande varietà di gruppi etnici (oromo, amhara, tigrini e somali i più numerosi) e linguistici. Sotto un profilo religioso, le principali confessioni professate in Etiopia sono l’Islam e il Cristianesimo.
L’Etiopia ha adottato il cristianesimo nel corso della prima metà del quarto secolo. La città di Lalibela offre importanti testimonianze storiche e archeologiche della diffusione della religione cristiana nel Paese.
Situata nella regione nord-orientale del Paese, nello Stato di Amhara, Lalibela è considerata uno dei luoghi più affascinanti dell’Africa, grazie alla presenza delle chiese scavate nella roccia costruite tra il XII e il XIII secolo a.C. da Gebre Mesqel Lalibela, sovrano della dinastia Zegwe, che governò il Paese per 40 anni circa e da cui avrebbe preso il nome la città anticamente conosciuto come Roha.
Diverse leggende riferiscono dei motivi che spinsero l’imperatore a ordinare la costruzione delle chiese. Una prima racconta che fu proprio Dio a ordinare a Lalibela di costruire chiese uniche, con l’aiuto degli angeli: gli uomini avrebbero lavorato durante il giorno e gli angeli durante la notte. La seconda narra che il sovrano etiope si trovasse a Gerusalemme nel 1187 d.C. quando il musulmano Salah al-Din conquistò la città. Le conquiste musulmane interruppero i pellegrinaggi cristiani in Terra Santa rendendoli pericolosi, e per questa ragione Lalibela, appena tornato in Etiopia, si dedicò alla creazione di una nuova Gerusalemme.
Similarmente a quanto avvenuto in Etiopia, verso la fine del XV secolo, al ritorno da Terra Santa, frate Bernardino Caimi diede impulso ad una simile iniziativa, facendo costruire 44 cappelle e una basilica per ricreare in piccolo i luoghi visti in Palestina. Da lì il Sacro Monte di Varallo, come un’alternativa al pellegrinaggio nel cuore del Piemonte.
La costruzione delle chiese etiopi è stata completata in ventitré anni dai successori di Lalibela, grazie al lavoro degli operai provenienti dall’Egitto e di architetti con grande conoscenza nelle tecniche costruttive.
La presenza delle chiese ha fatto sì che la città fosse considerata dalla comunità cristiana etiope una nuova Gerusalemme, diventando così un importante luogo di pellegrinaggio. La popolazione di Lalibela è oggi quasi interamente composta da cristiani ortodossi.
Le chiese rappresentano i più grandi templi monolitici del mondo. Non furono costruite in modo tradizionale, ma furono scavate nella roccia vulcanica del tufo.
Le strutture presentano due stili molto distinti. Le chiese monolitiche sono scolpite in un unico pezzo di roccia e separate da esso da una trincea. Le chiese rupestri, invece, sono scavate nella roccia e scolpite verso l’interno da una parete rocciosa verticale. Furono costruite in questo modo per nasconderle alla vista degli eserciti musulmani. Il lavoro fu completato attraverso la costruzione di un ampio sistema di canali di scolo
Le chiese sono divise in gruppi diversi.
Il gruppo settentrionale comprende, innanzitutto, la chiesa di Biete Medhane Alem (Casa del Salvatore del mondo), la più grande chiesa monolitica del mondo, sede della Croce di Lalibela. Il soffitto è decorato con croci in rilievo. Il tufo da cui è scavata la chiesa ha un colore rosa brillante. La galleria che corre attorno ai quattro lati della chiesa, tra il colonnato e il muro esterno, è ampia. L’interno dell’edificio è caratterizzato dalla presenza di cinque navate – una navata centrale e quattro laterali – delimitate da pilastri rettangolari, in parte sostituiti a causa di crolli.
Biete Maryam (Casa di Miriam / Casa di Maria) è la più antica delle chiese monolitiche, e reca al suo interno meravigliosi affreschi. La tomba di Adamo è un enorme blocco quadrato di pietra, collocato in una profonda fossa di fronte alla parete occidentale. Il pilastro centrale è coperto da un velo, toccato da Dio durante una delle sue apparizioni al re Lalibela, ed è simbolo dell’unità della fede. La caratteristica più interessante di Biete Maryam sono le sue finestre: la fila superiore di tre finestre rappresenta il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Una delle finestre reca una croce che rappresenta Gesù; la fila inferiore simboleggia la crocifissione.
Biete Golgotha Mikael (Casa del Golgotha Mikael) presenta una facciata liscia e decorata nella parete ovest. Le aperture sono funzionali e forniscono alla chiesa luce e aria. In corrispondenza della parete meridionale sono presenti due aperture progettate per dare luce a due santuari, quello alla sinistra della cella di Gesù e quello a destra della cappella di Selassie. All’ interno la chiesa è divisa in due navate sorrette da tre pilastri cruciformi. La cella di Gesù si trova all’estremità orientale della navata destra. La chiesa ha il nome di Golgota perché è dedicata alla passione e alla morte del Salvatore. La struttura conserva inoltre alcuni esempi di arte etiope e si dice ospiti la tomba del re Lalibela.
Biete Maskal (Casa della Croce) è stata scavata nella parete settentrionale del cortile di Biete Maryam. La facciata in cima è decorata da un fregio di archi tra due percorsi orizzontali sporgenti. Quattro pilastri dividono lo spazio in due navate. L’apertura della finestra del santuario presenta una croce maltese.
Biete Denagel (Casa della Vergine) si trova a sud del cortile di Biete Maryam. Si narra che la piccola cappella sia stata costruita in onore delle fanciulle martirizzate sotto Giuliano. Il giorno designato per la commemorazione delle fanciulle è il 10 di Hedar (novembre) nel calendario etiope.
Nel gruppo occidentale rientra Biete Giyorgis (Chiesa di San Giorgio), dedicata al santo Giorgio e situata precisamente a sud-ovest, su una terrazza rocciosa. La chiesa cruciforme a tre piani fu scavata nel tufo rosa e ispirata all’arca di Noè. La decorazione del tetto è considerata il simbolo dei monumenti di Lalibela: si tratta di un rilievo composto da tre croci greche l’una all’interno dell’altra. Un sistema di drenaggio fa sì che durante le stagioni delle piogge l’acqua non si raccolga sull’edificio ma venga incanalata attraverso un sistema di piccole aperture. L’interno dell’edificio segue la pianta cruciforme della chiesa. Dei pilastri autentici sono rimasti solo quattro esempi ai tre lati. La cupola che domina il santuario, nella parte orientale della chiesa, è decorata con una croce in rilievo, mentre il soffitto presenta una croce in rilievo diritta. La chiesa di San Giorgio può essere raggiunta solo attraverso un tunnel nelle cui pareti ci sono camere piccole e caverne rotonde che fungono da tombe del cortile per pellegrini e monaci.
Il gruppo orientale delle chiese monolitiche di Lalibela vede la presenza di Biete Amanuel (Casa di Emmanuele), che si caratterizza per la presenza di una piattaforma a gradini del colore rosso brillante del tufo, costruita in legno e pietra, e le cui pareti sono strutturate in fasce orizzontali e verticali. Vi sono tre file di finestre; quelle inferiori hanno la forma di croci greche. All’interno vi sono navate laterali e una navata a volta. Una scala di roccia conduce da una stanza laterale all’ingresso principale di un secondo piano. Nella parete esterna del cortile vi sono le cavità per le api sacre, che simboleggiano le api che profetizzarono la regalità di Lalibela. Nel pavimento roccioso della navata meridionale è presente un’apertura su un lungo tunnel sotterraneo che porta alla vicina Biete Mercurios. Le camere scavate nelle mura rappresentano le tombe di monaci e pellegrini che chiedevano di essere sepolti nella città santa.
Biete Qeddus Mercoreus (Casa di San Mercoreo / Casa di San Marco), situata all’estremità orientale, non è né orientata né pianificata in modo convenzionale. La facciata rivela i segni del tempo e degli agenti atmosferici. L’ingresso è stato ristrutturato nel 1989-90 ed è in parte cambiato da allora. L’interno è decorato da un murale raffigurante sei re o santi in abiti reali con meravigliose croci che ricordano le croci processionali del tardo Gondarene. Alcune pitture un tempo adornavano la chiesa, ma sono state rimosse per assicurarne la corretta conservazione e si trovano ora nel Museo Nazionale di Addis Abeba.
Biete Abba Libanos (Casa dell’abate Libanos) è stata scavata orizzontalmente nella roccia. Una leggenda racconta che la moglie di Lalibela, con l’aiuto degli angeli, abbia costruito questa chiesa in una notte. È dedicata a uno dei più famosi santi monastici della Chiesa etiope, Abba Libanos, giunto qui dall’Egitto. La facciata ricorda le architetture axumite. All’interno, le navate sono rivolte verso ovest.
Biete Gabriel-Rufael (Casa degli angeli Gabriele e Raffaele) rappresenta forse un antico palazzo reale. Racchiude al suo interno quattro sale che costituiscono il Santuario dell’Arcangelo Gabriele e di Raffaele. La chiesa presenta una magnifica facciata scolpita nella roccia con delle arcate e delle finestre sormontate da archi. Il pavimento triangolare del cortile settentrionale è cinto da mura. Nel cortile si trovano un pozzo e una cisterna sotterranea. Dei gradini portano a una sala sotterranea sorretta da pilastri, dove il livello dell’acqua scende o sale a seconda delle stagioni secche e piovose. L’interno della chiesa è molto più piccolo di quanto sembri guardandola dall’esterno. Tre croci latine sono incise sul muro.
Biete Lehem (Casa del pane sacro) è una piccola cappella modellata in forma di cono. Non è chiaro quale fosse la funzione originale di questo santuario, in cui è tuttavia proibito l’accesso ai visitatori.
Novecento anni dopo la loro costruzione, le chiese monolitiche di Lalibela costituiscono ancora un importante sito di pellegrinaggio per i fedeli nonché un sito archeologico straordinario. Nel 1978, le chiese sono diventate patrimonio mondiale dell’UNESCO; quasi da dieci anni fa, l’agenzia delle Nazioni Unite ha eretto coperture protettive per salvaguardare gli edifici dall’erosione.
Kamila Zahida
Studentessa del Corso di Laurea in Archeologia, Storia delle arti e Scienze del patrimonio culturale presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. Borsista del Programma Studenti di Fondazione Aurora.