Volubilis, una città romana nel cuore del Marocco

Volubilis è il sito archeologico romano più importante del Marocco, ed il meglio conservato ad oggi; è situato in un’area fertile agricola ai piedi del monte Zerhoun, a nord di Meknès e a nord est dell’Atlante. Prima della conquista romana, fu abitata in epoca neolitica e cartaginese con tracce che confermano anche la presenza dei berberi.

La conquista romana avvenne dopo un lungo processo di atti. In seguito alla conquista di Cesare, l’imperatore Augusto fece della mauretania un regno cliente proclamando sul suo trono Giuba II, figlio di Giuba I,  il sovrano della Numidia sconfitto da Cesare nel corso della guerra contro Pompeo. Gli fu salvata la vita grazie alla clemenza romana, a patto che il suo regno passasse in mani romane alla sua morte. Alla morte di Giuba I la Numidia divenne provincia romana e Giuba II, ancora bambino, venne portato a Roma dove visse nella casa dell’imperatore Augusto, e fu educato come un giovane aristocratico romano. Sposò la greca Cleopatra Selene, figlia di Cleopatra VII la grande e di Antonio e, nel 25 d.C., Giuba II e Cleopatra vennero rimandati in Africa come re di Mauretania, un territorio che comprendeva il nord l’attuale Marocco e gran parte dell’Algeria, divisa in due province: Mauretania cesariensis in Algeria e Mauretania tingitana in Marocco. è in questo periodo che Volubilis divenne una delle città principali della provincia di Mauretania tingitana dove i procuratori governavano la regione rispondendone direttamente all’imperatore.

Le rovine di Volubilis e la città moderna

Il regno di Giuba II  fu caratterezzato dalla  prosperità e dal prestigio culturale che portò al Marocco: fu il responsabile dei primi importanti monumenti di Volubilis, portò i più bravi architetti che abbellirono la città con edifici pubblici e case private.

Alla morte di Giuba II salì sul trono il figlio Tolomeo, il quale regnò fino al 42 d.C. Gli imperatori romani che si susseguirono successivamente confermarono la loro presenza abbellendo la città con numerosi monumenti.

La città venne descritta per la prima volta dall’inglese J.Windus nel 1755 e in seguito nel 1874 dall’archeologo francese Charles – Joseph Tissot, il quale identificò il sito.

Le rovine della città coprono un’area di 44 ettari che si estende dalla porta nord-est lungo un ampio sperone che si restringe gradualmente fino a quando i due ruscelli che ne formano i bordi si uniscono a sud della città. Gli scavi iniziati sotto l’occupazione francese all’inizio del XX secolo liberarono circa un terzo della città romana. Ciò è vantaggioso in termini di visibilità della pianta del sito e dei suoi principali monumenti.

Fino agli anni Ottanta non si è prestata attenzione né alla stratigrafia né alla divisione in periodi precedenti  successivi all’occupazione romana. Tuttavia, negli ultimi due decenni, un attento lavoro di scavo effettuato dall’archeologo marocchino Aomar Akkeraz ha portato a una visione più chiara: l’originario insediamento mauritano, fondato nel II secolo a.C., si trova più o meno al centro della città successiva.  L’impianto romano sembra aver seguito almeno alcune delle linee principali di questo insediamento precedente, anche se una massiccia estensione a nord-est risale certamente all’epoca della colonizzazione romana. Non vi sono dubbi che la popolazione della città romana fosse costituita principalmente da indigeni poiché i magistrati (decurioni) venivano reclutati dall’élite indigena. La città romana fondata nel 40 d.C. fiorì in tutto il primo impero.

La mappa della volubilis

La mappa della volubilis

Grandi case con cortili a colonne (peristili) e mosaici elaborati fiancheggiano il decumanus maximus, la strada principale, che costituisce l’asse che attraversa la città fra la cosiddetta porta tangeri, a nord -est, e la porta occidentale.

Gli attacchi alla città nel 117 d.C. da parte dei mauri e di Luzio Quieto costrinsero Marco Aurelio alla costruzione della cinta muraria che venne realizzata tra il 168 e 169  di uno spessore di 1,60 m, una lunghezza di 2350 m, di macerie e pietre, nella quale si aprivano 8 porte ( di cui ricordiamo: la porta sud orientale un ingresso agli scavi, la porta di tangeri, la porta settentrionale, la porta di tre corpi e la porta occidentale), oltre a molte torri attorno alla città.

I mosaici e i monumenti di Volubilis

La città si sviluppò nell’età severiana, età caratterizzata dalla costruzione di numerosi edifici pubblici. A questa età risale la creazione del grande quartiere nord est, costituito da case padronali divise in due strutture: una struttura semplice a due stanze per i poveri, costruita di mattoni di fango ed una struttura per i ricchi, caratterizzata dai mosaici pavimentali che rendono volubilis famosa e simbolo della ricchezza del Nord Africa. Nonostante la loro lunga esposizione agli agenti atmosferici, alcuni di questi mosaici rimangono ben conservati grazie alla loro composizione e in tre strati:  uno strato chiamato “riccio”,  uno strato di malta grossolana e  uno strato di roccia detta “tesserae”, fissata da un fine legante che costituisce il tesselatum. Attente  analisi hanno confermato che i mosaici sono realizzati con gli stessi materiali. Le tessere bianche, rosa, marroni di calcare olitico e rosso di mattone di arenaria calcitica. Questi materiali naturali si trovano vicino a Volubilis nelle formazioni geologiche di Aalenian e Bajocian. Poiché i marmi neri e onice sono assenti in questa regione, si ritiene che siano stati probabilmente importati da altri paesi o altre località geologiche del Medio Atlante, come indicato dalle macine basaltiche quaternarie presenti a Volubilis. In questi mosaici sono state utilizzate altre tessere (gialle, blu, verdi e grigie) di vetro artificiale e di argilla cotta. Analoga è la mineralogia delle malte a grana fine e grossa, con rapporto quarzo / calcite variabile. Le malte a mosaico studiate sono costruite con calce.

Il mosaico del dio Orfeo

Il mosaico del dio Orfeo

I risultati acquisiti in questo lavoro sono di grande importanza per la comprensione del processo di alterazione degli agenti atmosferici. È grazie anche a questi mosaici che gli archeologi riuscirono a nominare gli edifici, tra cui la casa di Orfeo spicca tra le più importanti. Situata nella parte merdionale della città, il suo nome deriva dal suo mosaico pavimentale pricipale; la casa ha due porte, una che porta agli appartamenti privati, con mosaico che raffigura nove delfini che saltano tra le onde, contiene le terme con stanze riscaldate. La seconda porta invece si apre ai locali di rappresentanza:  il prestilio decorato con il mosaico che raffigura Anfitrite su un carro tirato da un cavaluccio marino e accompagnato da altre creature marine. A sud si trova il tabilino, al suo centro appare il mosaico pricipale della casa che mostra  il dio Orfeo, il quale suona l’arpa a un pubblico di alberi, animali ed uccelli senza nessuno rapporto tra di loro, gli animali che si affacciano in direzioni diversi ed ognuno dei quali ha dimensioni diversi dagli altri. Questo perché il modello venne copiato da un libro senza l’integrazione degli elementi. Nella parte occidentale vi è un oleificio con due frantoi a forma di doccia circolare.

Il mosaico di Diana e la sua ninfa sorprese da Atteone durante il bagno

Il mosaico di Diana e la sua ninfa sorprese da Atteone durante il bagno

La casa del corteo di Venere è situata nella parte orientale della città ed era molto lussuosa. Aveva bagni privati, sette corridoi e otto stanze decorati con bei mosaici raffiguranti scene mitologiche ed animali. Il suo cortile centrale decorato con il mosaico che raffigura carri da corsa in un ippodromo, disegnato da squadre di pavoni, oche, anatre. Il mosaico della navigazione di venere invece, da cui la casa prese il nome, è stato raffigurato nelle sale adiacenti al triclinio e si trova attualmente al museo archeologico di Tangeri. Il mosaico  che raffigura Diana e una ninfa compagna sorpresa da Atteone durante il bagno è ancora visibile; Atteone raffigurato con le corna che cominciano a spuntargli dalla testa mentre viene trasformato dalla dea arrabbiata in un cervo, prima di essere ucciso dai suoi cani da caccia.

Dopo la caduta della città nel 280 la casa venne distrutta . Il mosaico di Amorini è stato carbonizzato a causa del fuoco acceso sopra di esso da parte degli abusivi.

In questa casa furono scoperti tanti reperti importanti tra cui il busto in bronzo di Catone il giovane risalente al periodo di Nerone. L’iscrizione posta sul busto fa pensare che il soggetto sia un’oratore; questo busto venne trasferito al museo del Rabat insieme all’altro busto trovato anche nella casa, raffigurante Giuba II.

Il busto in bronzo di Catone il Giovane

Il busto in bronzo di Catone il Giovane

La casa dell’Efebo prese il nome dalla statua di Efebo coronato di edera (conservata al museo del Rabat). Questa costruzione, come la maggiore parte delle case della città , segue il modello ellenistico orientale. Questo modello consiste nella separazione degli appartamenti privati dai locali di rappresentanza; dall’atrio si accede al prestilio di vaste dimensioni, con un lato soprelevato per ricevere più luce. L’implusivo è molto simile a una cisterna per la raccolta delle acque. Le sale di rappresentanza circondano il prestilio; a est sono situati gli ambienti  erano usati durante le feste (uno dei quali conserva un mosaico raffigurante Bacco su un carro trainato da pantere). Sugli ambienti si apre una dispensa, ricavata in una struttura più antica che era probabilmente un mausoleo preromano. Il  triclinio era decorato con il mosaico raffigurante temi bacchici: il medaglione centrale rappresenta una nereide a cavallo di un animale marino. Le dipendenze e le officine ( tra cui un oleificio) si trovano nella parte occidentale della casa.

Il mosaico delle fatiche di Ercole

Il mosaico delle fatiche di Ercole

La casa delle fatiche di Ercole era di dimensioni sontuose, con 41 stanze che coprivano un’area di 2.000 m.; fu costruita probabilmente durante il regno dell’imperatore Commodo, il quale si identificava con Ercole. La facciata della casa è decorata con colonne scanalate e rudentate. Anche questa casa era decorata con i mosaici. I più importanti sono: il mosaico del triclinio, da cui la casa prese il nome, raffigurante i dodici compiti che il semidio doveva svolgere come penitenza per l’uccisione di sua moglie e dei suoi figli. Giove e il suo amante Ganimede e le quattro stagioni sono raffigurati in un altro mosaico della casa.  Il peristilio conserva un mosaico a motivi geometrici.

n oleificio ricostruito a Volubilis

Oleificio ricostruito a Volubilis

Numerosi oleifici sono stati costruiti nelle case per la produzione domestica dell’olio d’oliva. Ogni oleificio era composto da un frantoio, utilizzato per frantumare le olive, una vasca di decantazione, per raccogliere l’olio dalle olive spremute, e un torchio con un contrappeso, un prelum o traversa e i supporti in legno nei quali il prelum era fissato. L’olio d’oliva era molto utilizzato nella vita quotidiana non solo per il cibo ma anche per le lampade, i bagni e medicine.

Le terme di Gallieno si trovano all’interno della città antica e presero il nome dalla dedica all’imperatore Gallieno trovata nell’edificio e si estendono su un’area di circa 1000 mq. In queste terme sono presenti una sala delle caldaie con due focolai erano sormontati da caldaie in bronzo e gli ambienti utilizzati nelle varie funzioni termali. Qua si può riscontrare la sorprendente maestria degli ingegneri romani che realizzarono una rete fognaria, una idrica e delle tecniche di riscaladamento utili al funzionamento delle terme.

Il  notevole sviluppo della città in età flavia si manifestò nella costruzione delle terme all’esterno della città antica tra il 60 e il 80 d.C., con due elementi principali: una palestra e un blocco di locali termali. Il complesso è un grande e prestigioso monumento che riflette l’evoluzione dell’architettura termale romana: il risultato di un solido sistema difensivo e della riorganizzazione dell’amministrazione. Questo sviluppo è il risultato della crescita economica, che può essere tracciata attraverso le importazioni. questo complesso precede la costruzione dell’acquedotto di pochi anni e questo lo alimentava insieme alle case e ai bagni pubblici.

Il palazzo di Gordiano era il risultato dell’unione di due edifici più antichi separati da un cardo ed era probabilmente la residenza del governatore. È un complesso di 74 stanze con cortili e stabilimenti balneari privati che servono sia funzioni domestiche che ufficiali. Incorporava anche un fronte colonnato con una dozzina di negozi dietro il colonnato e una fabbrica di petrolio composta da tre frantoi e un deposito di olio nell’angolo nord-est del complesso.

La basilica

La basilica

Dai monumenti pubblici costruite nell’età severiana spicca La basilica di una forma rettangolare lunga 42,2m per 22,3m di larghezza con due piani, aveva due file di colonne che la dividono in tre navate e incorniciano le absidi a ciascuna estremetà dell’edificio dove sedevano i magistrati. Le basiliche antiche non erano luoghi di culto religioso ma di incontro quotidianamente molto frequentati, questa basilica era utilizzata per l’amministrazione della giustizia e il governo della città. Completata durante il regno di Macrinus all’inizio del III secolo ed è considerata una delle più belle basiliche romane in Africa.

                                                               

In quest età venne risistemato anche il foro, uno dei luoghi pubblici più importanti della città, costituito da una grande piazza rettangolare orientata verso nord su cui si affacciavano gli edifici di grande importanza. Il foro era un luogo di incontro per i cittadini. Gli scavi hanno rivelato due livelli di occupazione, il più ricente risale a quella romana.

Il foro di Volubilis

Il foro di Volubilis

Il complesso era circondato da un porticato colonnato del quale restano solo alcune tracce, con numerose statue di imperatori e dignitari locali, di cui ora rimangono solo i piedistalli. Al centro del foro sorgeva un edificio di grandi dimensioni,  probabilmente un tempio. Durante i disordini del II secolo il foro subì gravi danni e venne distrutto parzialmente.

La spianata era pavimentata con grossi ciottoli ed era parzialmente occupata da abitazioni protette da una cinta muraria. Nella parte ovest del foro erano situati quattro ambienti parte di un piccolo mercato.

Durante il brevissimo impero di Macrino venne edificato il campidoglio, dedicato a Giove, Giunone, Minerva. Situato su un luogo occupato precedentemente da un foro, il suo cortile lastricato era circondato da un portico colonnato del quale rimangono in piedi alcune colonne; al centro un piccolo altare da cui uno scalone conduceva al tempio capitolino.

I templi della città erano 6,  i più importanti sono: il tempio capitolino ed il tempio di saturno.

Il tempio capitolino

Il tempio capitolino

Il tempio Capitolino si trova dietro la basilica di fronte a 13 giardeni, la cella sorge su un alto podium circondato da un colonnato corinzio con 4 colonne sul lato frontale.

 Il tempio era di grande importanza per la vita civile in quanto era dedicato a tre divintà romane, Giove, Giunune, Minerva. Le assemblee civiche per implorare l’aiuto degli dei o per ringraziarli per le vittorie avute nelle guerre o per i successi nelle altre impresi importanti avevano luogo davanti al tempio; all’interno del recinto del tempio erano presenti quattro santuari, uno dei quali era dedicato a venere. Nel 1962 vennero ricostruite le pareti della cella e le colonne.

Il tempio di Saturno sorge sul lato orientale di Volubilis e in origine consacrato a una divinità punica probabilmente a Baal;  durante l’occupazione romana venne dedicato al culto latino probabilmente a Saturno. Si trattava un santuario con un muro di cinta e un portico a tre lati, al suo interno sorgeva una cella costruita su un podio poco profondo. L’identificazione del tempio con Saturno è ipotetica e non è generalmente accettata.

L’arco di Caracalla

L’arco di Caracalla

La serie di monumenti pubblici termina con l’Arco di Caracalla, eretto nel 217 dal governatore della città Marco Aurelio Sebastiano in onore dell’imperatore Caracalla e della madre Giulia Domna. È collocato sul decumanus maximus e costituisce un contrasto visivo notevole rispetto alla porta di Tangeri  in fondo al decumanus.

L’arco è costruito in pietra locale e la sua struttura è semplice, composta da un unico fornice inquadrato da semicolonne con capitelli corinzi che decorano i piloni su entrambe le facciate. I capitelli sostengono la trabeazione sviluppata in un attico che reca sul lato nord l’iscrizione dedicatoria all’imperatore (ed era originariamente sormontato da un carro di bronzo trainato da sei cavalli). Come tutti gli archi romani, questo arco era decorato con rilievi e statue; i rilievi trovati nel sito, raffiguravano scudi esagonali, due Vittorie alate che tengono in una mano una corona e nell’altra un ramo di palma, rilievi decorativi con insegne o candelabri vegetali, pertinenti a fusti decorati di piccoli pilastri, pannelli con panoplie di armi.  Il monumento venne restaurato dai francesi tra il 1930 e il 1934, mentre l’iscrizione invece fu ricostruita nel 1722 con i frammenti che furono sparsi sulla terra davanti all’arco da Windus.

Volubilis dopo il dominio romano

I romani abbandonarono la città verso il 284-285 d.C. ma la vita della città continuò ad essere occupata in tutta la sua superficie, come confermano le numerose costruzioni databili precisamente al IV-V secolo d.C.

L’evoluzione generale indica un restringimento progressivo dell’area urbana. Verso la fine del VI sec., una necropoli cristiana venne costruita sulle rovine della città romana, a nord ovest dell’arco onorario. La conservazione dell’antica tradizione del seppellimento fuori delle mura dimostra la persistenza delle strutture municipali, a circa tre secoli dalla fine del dominio romano. Nel 685 d.C. Ὁqba ibn Nāfi’ assedia Volubilis e nel 788 d.C. Idris, il fondatore della idrisidi vi si stabilisce, facendo di Volubilis la capitale del proprio regno, chiamandola walili. Volubilis continuò ad essere la capitale fino alla fondazione di Fes da parte di Idris II. Come testimoniano i ritrovamenti di ceramica islamica, la città perse la sua centralità attorno al XIV secolo d.C.. In seguito all’abbandono della città molti elementi preziosi furono trasportati per abbellire la città di Meknes. Dopo questo evento Volubilis rimase intatta fino al grande terremoto avvenuto nel 1755 che la lasciò al suolo.

Volubilis oggi

I mosaici romani sono capolavori preziosi, è oggetto di una cura speciale ed è patrimonio dell’UNESCO dal 1997. Dal 2000 gli scavi UCL/INSAP hanno preso avvio a Volubilis, con l’obiettivo di chiarire l’occupazione tardo romana ed islamica. Col tempo si è sviluppato un piano di gestione e conservazione insieme a progetti sul restauro degli edifici.

https://www.sitedevolubilis.org/www/english/about/reports/Report2001.doc.

https://www.sitedevolubilis.org/www/english/about/reports/Report2002.doc.

https://www.sitedevolubilis.org/www/english/about/reports/Report2003.doc.

https://www.sitedevolubilis.org/www/english/about/reports/Volubilis_Project_Report_2018_2019.pdf.

               

Kamila Zahida

Studentessa di Laurea Magistrale in Archeologia presso l’università Roma Tre